«Bang bang, he shot me down, Bang bang, I hit the ground Bang bang, my baby shot me down ». Le parole, un tempo amorose, diventano pallottole, che frantumano le ossa rendendole fragili. Piegati sulle gambe, i quattro personaggi si studiano, uno di fronte all'altro. È la fotografia di un amore ai suoi ultimi rantoli. Eppure, non è stato sempre così.
C'è stato un tempo in cui le porte del teatro si sono aperte sul sorriso, leggero e gioviale, dei quattro protagonisti, intenti nei loro giochi amorosi e felici nelle passioni appena sbocciate. Due coppie, interpretate da Chiara Aquaro, Chiara Della Rossa, Armando Quaranta e Simone Ruggiero, con la regia di Niccolò Matcovich e la drammaturgia di Rosalinda Conti, raccontano “Surgelami”, prezioso frutto della residenza teatrale della compagnia Habitas presso il Teatro Studio Uno di Tor Pignattara, dove rimarrà in scena fino al 26 febbraio. È una storia universale, in cui il pubblico ritrova i propri ricordi e la propria vita relazionale, coinvolto com'è nello spettacolo attraverso nomignoli caramellati e mani che accarezzano fugaci, letture e giochi di fiducia con gli attori, che si muovono, si toccano e si scontrano costantemente. Ma il tempo della vita, fuori dalla magia del guardarsi negli occhi, rende le parole sempre più aspre, creando dolore e frustrazione fino ad arrivare al silenzio e ai segreti inconfessabili, passando per il sesso vissuto da soli, nelle stanze chiuse davanti allo schermo del PC, quando il corpo dell'altro diventa una lama che, nella disattenzione e nella distrazione, ferisce costantemente. Non ci si riconosce più o addirittura, in fondo, non ci si era mai conosciuti: quella volta, quel regalo non era esattamente ciò che si desiderava e non c'è piacere nel riceverlo per un compleanno, il cui tempo è lo stesso che sta mandando tutto in malora.
Cosa resta alla fine, dunque? Resta, incastonato tra le parole, scritte sul muro, che tracciano le tappe dell'amore, un grande frigorifero, re della scenografia e rifugio sospeso di ciò che rimane tra le pagine del tempo. Permane, surgelato per i tempi migliori, l'io messo da parte in nome del noi, un io che tuttavia scalpita, ferito e rifiutato, o vendicativo e rabbioso. Senza dubbio mutilato e da ricostruire. Oppure rimane un amore in attesa che le tempeste passino, imprigionato in se stesso, narrato dall'irreale immobilità dei corpi sulla scena.
Tra il pubblico, protagonista al pari degli attori, una coppia era seduta composta. Li si è visti avvicinarsi sempre di più, e più forte si sono stretti le mani, per poi abbracciarsi sul finale. Piace pensare che Surgelami li abbia scossi a tal punto da guardarsi nuovamente come avveniva, al di là del tempo, nei primi passi della loro storia.
Milena Tartarelli 13/02/2017