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"Dialogue’s Delight": il jazz e il piacere della condivisione: intervista a Olivia Trummer e Nicola Angelucci

Presentato lo scorso 5 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il nuovo disco di Olivia Trummer e Nicola Angelucci è una vera e propria conversazione musicale di cui il panorama jazz non poteva fare a meno. Dialogue’s Delight, pubblicato da A.D.A / Warner Music Italy, sancisce infatti una fertile collaborazione che dura ormai da diversi anni e che ha visto i due artisti coinvolti in una ricerca poetica impegnata, dando spazio a nuovi orizzonti musicali sulle magiche note evocate dal connubio strumentale, impreziosito dalla voce di Trummer. Pianista e cantante lei, batterista lui, entrambi compositori attivi da tempo sulla scena internazionale che li ha visti protagonisti di prestigiosi eventi e riconoscimenti, ci hanno raccontato qualcosa in più sul loro progetto, che vede anche la partecipazione del fisarmonicista Luciano Biondini. Reduci entrambi da due lavori individuali molto significativi - l’ultimo lavoro di Angelucci, Changes (2021), sanciva un cambiamento nel suo percorso artistico, mentre For You, disco di Olivia Trummer (2022), si ispirava al passato – i due artisti danno vita stavolta a un intenso “dialogo”: un termine sfaccettato, versatile, riconducibile a un genere filosofico, ma che allo stesso tempo risulta squisitamente quotidiano e necessario, catturando la bellezza dello scambio comunicativo. Proprio come la loro musica, che cela una tecnica altamente sofisticata dietro la spontaneità apparente. A Nicola Angelucci non piace riascoltarsi, ma confessa di essere particolarmente contento di questo lavoro.

La vostra è una collaborazione ormai consolidata: com’è nato Dialogue’s Delight? C’era un’idea particolare dietro?
Olivia: “Per noi suonare insieme è sempre stata una cosa molto naturale, fluida. Questo lavoro nasce dal desiderio di intrecciare in modo equilibrato quello che facciamo, ha rappresentato forse anche un po’ una sfida, creare qualcosa noi due soltanto, dato che c’è una connessione molto forte. Abbiamo già scritto musica insieme e c’era la volontà di cimentarsi con soli due ingredienti.”

C’è anche un terzo interprete all’interno del disco, Luciano Biondini, che ha partecipato al vostro lavoro: in che modo la sua musica “dialoga” con la vostra?
Nicola: “Anche se è la prima volta che realizziamo un lavoro di questo tipo, io e Olivia suoniamo insieme da diversi anni. Abbiamo avvertito la necessità di aggiungere altri suoni. Con Luciano c’era già l’intenzione di collaborare e finalmente si è presentata l’occasione. L’ho proposto a Olivia che è andata ad ascoltarlo ed è rimasta colpita dalla sua musica, per cui la fisarmonica è entrata a far parte del progetto come terza – anzi quarta, dato il duplice contributo di Olivia – sonorità, e Luciano Biondini si è subito integrato molto bene nel nostro lavoro con il suo contributo.”

Dialogue’s Delight arriva con estrema naturalezza all’orecchio dell’ascoltatore, ma è risultato di una tecnica straordinaria, complessa. Come nascono di solito i vostri pezzi?
Olivia: “È un processo sempre diverso. Normalmente, quando compongo, gli ingredienti più importanti sono le orecchie e le mani. Le mani mi danno l’idea, quando suono liberamente, improvvisando, le orecchie mi dicono quando percepiscono una certa “magia” e allora decido di svilupparla di più. Non voglio scrivere i brani se non vale la pena ricordarli e questo è un filtro che applico quando lavoro, e credo si ritrovi molto nel risultato, che è facilmente ascoltabile e semplice da memorizzare.”
Nicola: “Se parliamo del lavoro in due, abbiamo scritto qualche brano insieme; infatti, il disco presenta alcuni brani realizzati a quattro mani (e a quattro orecchie). Portoferraio, ad esempio, è stato il primo brano composto circa sei anni fa, poco dopo esserci conosciuti.”
Olivia:Portoferraio ha una sua diversità, è malinconico ma anche gioioso, è come una miniatura che ci descrive molto bene.”

Anche solo limitandosi a leggere i titoli delle tracce – Romance, When I fall in love, Dear - si ha l’impressione che ci sia una componente sentimentale, romantica.
Nicola: “Sono molto romantico quando scrivo.”
Olivia: “Abbiamo scoperto durante i concerti che i pezzi più ballabili sono quelli di Nicola, mentre quelli più ritmici sono scritti da me.”
Nicola: “Dovrebbe essere il contrario, e invece!”

Avete un brano preferito di questo progetto, o che per voi ha un significato particolare?
Nicola: “Se proprio dovessi scegliere, direi Portoferraio.”
Olivia: “Sì, diciamo che è il più sinfonico. A me piacciono molto anche i pezzi scritti appositamente per questo duo. All’inizio abbiamo attinto dai nostri repertori, poi abbiamo deciso di inserire qualcosa di più particolare, e così ho lavorato su pezzi meno recenti, che non ero mai riuscita a ultimare, per esempio Indifference, un brano composto tanti anni fa che non aveva ancora trovato la dimensione giusta. Pensando al duo mi è balenato in mente, così è nata poi la canzone, e finalmente lo possiamo presentare. Mi ha ispirato molto non avere tempo illimitato per lavorare, ma dover rispettare una scadenza.”

La copertina del disco trasmette un grande senso di armonia e semplicità – ha quasi una sfumatura favolistica, che rimanda all’infanzia - e si sposa così bene il vostro lavoro.
Nicola: “Sì, è esattamente così, Cecilia Valli si è occupata della copertina e ha fatto un lavoro che rispecchia molto noi, e la nostra musica.”
Olivia: “Sì, anche nei dettagli la copertina c’è un’abbondanza di storie, e la nostra è più una musica che racconta qualcosa invece di dipingerla. Per cui questa tecnica di illustrazione, che vede protagonisti anche gli animali, tante piccole personalità che vengono raccontate, rispecchia tanto anche l’umorismo, la leggerezza, un po’ la nostra attitudine quando suoniamo e ci sentiamo come bambini che si divertono. Un approccio serio ma gioioso.”

Un’attitudine che emerge di più quando suonate insieme?
Nicola: “Io personalmente cerco sempre di divertirmi il più possibile, siccome non mi piace mai riascoltarmi – è una percezione soltanto mia - cerco di godermi il palco. Poi magari quando scendo sono un po’ arrabbiato con me stesso.”
Olivia: “Suonare sul palco, per musicisti come noi che viaggiano molto, è un po’ come essere a casa. Io per esempio, quando suono, in un certo senso sparisco nella musica, mi dissolvo quasi in essa. Idealmente quindi è sempre vivo questo approccio curioso, fresco. Quando non riesco, è perché qualcosa non va.”

Quali sono i progetti futuri insieme, c’è già qualche data in programma?
Nicola: “Tra le prossime date insieme in Italia ci sarà senz’altro Umbria Jazz Festival (11 luglio), mentre tanti altri eventi sono previsti per il prossimo autunno.”

Annateresa Mirabella 09/06/2023

La Felicità dei miei trent’anni…di carriera! – Recensito incontra Joe Barbieri

Roma è calda, forse neanche troppo per essere giugno ma l’aria e la voglia d’estate diventa sempre più preponderante nell’animo dei suoi abitanti. Ieri mattina ho aperto Spotify per ascoltare Felicità, il nuovo singolo di Joe Barbieri nonché la cover (con una veste completamente inaspettata, coinvolgente e spassionatamente bella) del brano del 1982 che ha conquistato il secondo posto durante la trentaduesima edizione del Festival di Sanremo… e l’attenzione degli ascoltatori di tutto il mondo.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Joe Barbieri per parlare di questo suo ultimo brano e dell’anno di festa che sta celebrando ovvero i suoi trent’anni di carriera raccontati tra il presente, un briciolo di passato ed uno sguardo (positivo) verso il futuro. 

La mia prima domanda riguarda il tuo nuovo brano, Felicità, che è uscita ieri: è la cover dell’iconico duo Albano e Romina Power che, in qualche modo, ha cullato l’infanzia di tutti noi. Un brano che, per l’adattamento che gli hai dato (un po’ jazz, un po’ bossa nova) è molto brioso, allegro e – permettimi questo azzardo – ha una sonorità molto da tormentone estivo. La domanda sorge spontanea: perché questo brano? È legato ad un particolare momento della tua vita?

“In realtà è stata una scelta molto semplice perché essendo nato all’inizio degli anni 70 ho incrociato questa canzone da piccolo. Avevo circa dieci anni e mio padre ha portato a casa questo 45 giri, assieme ai Ricchi e Poveri e tante altre cose insospettabili per quelli che sono stati i miei ascolti successivi, più simili a quelli che mi hanno influenzato nella carriera. Però si: ha fatto parte della mia infanzia. In qualche modo, questa canzone è rimasta paziente nel mio animo perché quando mi è capitato di essere ospite nel programma di Stefano de Martino, Bar Stella, mi fu chiesto di suonarla. Quindi ho eseguito questo brano in maniera molto spontanea e devo dire che mi sono anche divertito! In qualche modo è un regalo che faccio a tutti i miei ascoltatori. Poi quest’anno che compio anche trent’anni di carriera ed uno degli effetti collaterali positivi, del fatto di avere un po’ di anni di strada sulle spalle, è che lascio parlare molto l’istinto e la pancia che, come alcuni affermano, è il nostro secondo cervello. Semplicemente non ho fatto tanti calcoli ed avevo voglia di ringraziare per questo anno che è molto bello, ed ecco è un regalo: un modo di mostrare la mia gratitudine nei confronti di chi mi ascolta!”

Quindi, di conseguenza, ti chiedo cos’è per te la felicità? Suppongo la celebrazione dei tuoi trent’anni di carriera con il tour 30 Anni Suonati e poi, immagino, ci sarà anche un bellissimo rapporto con tutti i tuoi sostenitori!

“Si, è proprio così! Noi abbiamo iniziato questa festa il 6 ottobre dell’anno scorso e, a mezzanotte, sarebbe caduto questo simbolico anniversario perché il 7 ottobre 1992 partecipai al festival di Castrocaro e, da quella data, faccio decorrere questo trentennio di musica. Da quella serata, sono stati almeno una decina i concerti che ho tenuto e mi è sembrato veramente di fare una perenne festa, sera dopo sera, come immaginavo! Una perenne celebrazione dell’intimità che si è consolidata con la gente, della fiducia verso il pubblico, il riconoscersi reciprocamente… Anche perché non è che solo l’ascoltatore si rivede nei tuoi brani, ma sei anche tu che ti rivedi in chi ti ascolta: chi fa musica, si merita un certo tipo di pubblico e quando scambi due chiacchiere a fine concerto, senti che c’è un’affinità, un modo analogo di parlarsi e di offrirsi. E riscoprire questo, ad ogni concerto, è bellissimo!”

Come dicevi, il 7 ottobre decade questo anniversario ed infatti in questa data, lo scorso anno, hai pubblicato il disco live Tratto da una notte vera che racchiude, oltre a tre inediti - Retrospettiva Futura, Maravilhosa avventura, Dettagli (cover del brano di Ornella Vanoni) – un po’ questi trent’anni di musica. Un disco che, in qualche modo, è la ripubblicazione del lavoro Tratto da una storia vera (2021). Ti chiedo quindi quanta vita vera c’è nei tuoi brani e da dove arriva l’ispirazione per la tua scrittura?

“Per me è un punto d’orgoglio poter dire che la mia musica è tratta da una storia vera perché tutto quello che scrivo, nella quasi totalità dei brani, sono frutto di esperienze di prima mano, vissute e quasi tutte sono cose che ho davvero sperimentato sulla mia pelle. Alcune sono desideri, altre immaginazione che comunque, di rimando, sono un qualcosa di autobiografico. E quindi quando scrivo sembra facile (e non lo è), devo in realtà soltanto essere onesto: afferrare quella che comunemente viene chiama ispirazione e cercare di non darle tregua e chiederle fino in fondo cosa vuole raccontarmi e provare a trasportarla su un foglio.”JoeBarbieri2.jpg

A tal proposito mi chiedo: quando un artista trova il coraggio di riuscire a parlare apertamente di sé stesso, sia dei momenti belli che di quelli brutti, all’inizio è una catarsi perché riversi qualsiasi momento nelle parole e nella musica; ma nel cantare quei brani, dove poi riescono a rivedersi anche gli ascoltatori, come ci si sente? All’inizio immagino possa essere difficile ma, man mano che viene eseguita nel corso del tempo, che sensazioni lascia?

“È bellissima questa domanda! Intanto devo dirti la verità: la mia esperienza è che queste canzoni riescono a raccontarmi qualcosa anche a distanza di molti, molti anni. Ci sono serate, in particolare notti, in cui non so per quale ragione particolare, improvvisamente mi sembra di tornare al momento in cui le ho scritte. Si rivela un piano di lettura, per me stesso, che non avevo sospettato e, nel cantare quelle parole, mi sembrano nuove. Mi sembra che debba loro la stessa onestà intellettuale che ho messo nello scriverle e cantarle la prima volta. Per cui è un processo che periodicamente vivo e questo, in qualche modo, mi da la rassicurazione e la sicurezza di poter essere sincero ancora, e ancora, ed ancora. Quindi finché avrò questa percezione, non farò nessuna forzatura nel riproporre queste canzoni.”

Continuando a ripercorrere i tuoi trent’anni di carriera, prima citavamo Tratto da una storia vera che contiene diverse collaborazioni. Di tutti questi anni, c’è stata una collaborazione più significativa, dalla quale hai tratto il più possibile sia da un punto di vista professionale che personale?

“Beh… ovviamente non posso che mettere su un gradino speciale il lavoro fatto con Pino Daniele, ed è grazie a lui che questi trent’anni hanno avuto inizio, grazie alla sua esperienza e la sua visionarietà… Io non mi sarei dato due lire! Però forse è stato molto lungimirante perché le mie prime canzoni erano estremamente acerbe: di queste stesse canzoni, qualcosina la ripropongo in questo tour (per la prima volta da allora) e devo dire che sentirle, reinterpretate con esperienza, mi fa capire quello che Pino, a suo tempo, aveva visto e che io, invece, non avevo visto fino a poco fa. Però, al di là di questo, l’averlo avuto vicino, l’aver potuto sbirciare il suo modo di lavorare, di guardare all’integrità di certe scelte, mi è stato d’esempio e di enorme utilità.”

Beh, sicuramente Pino Daniele è stato uno di quegli artisti che ci ha lasciato un po’ troppo presto…

“Questo sicuramente però, quando le cose ti vengono sottratte così presto inevitabilmente si attivano, da parte di chi guarda, degli occhi differenti nel guardare le cose. Si scoprono delle cose e degli aspetti che, magari, per abitudine e pigrizia, si erano appannate. Poi Pino, soprattutto per chi è di Napoli, è stato un dio in terra! Il fatto di non averlo più tra noi, ci ha chiarito ancora di più quanto fosse un artista davvero speciale.”

Di questi anni di carriera, ci sono dei momenti che ricordi con maggiore soddisfazione, altri invece che cambieresti? Ci sono ancora degli obiettivi da raggiungere?

“Da cambiare non cambierei nulla incluse tutte le sofferenze, i patimenti, le porte in faccia che sono state tante, copiose e belle forti… Però non cambierei nulla! Il momento migliore è questo di adesso ed onestamente va bene così, anche perché di sogni, di desideri e di progetti ce ne sono tanti ancora. Mi piacerebbe lavorare per il cinema, mi piacerebbe scrivere musica strumentale… Insomma, c’è tanto da fare! Scrivo continuamente canzoni: ne ho messo in pausa una proprio ora che ci stiamo sentendo e che mi piace tantissimo! Insomma, la strada, fortunatamente, è ancora lunga e viva!”

JoeBarbieri1.jpgAd aprile di quest’anno a Molfetta hai avuto l’occasione di fare un concerto con i tuoi brani eseguiti in una chiave inedita. In particolare hai collaborato con l’orchestra Magna Grecia che ha dato una veste completamente diversa ai tuoi brani. Com’è stato ascoltarli in questo modo?

“L’orchestra è sempre stato un elemento che, negli ultimi quindici anni, ho utilizzato nei miei dischi quindi diciamo che non è un elemento del tutto estraneo. Però, dal vivo, non mi è mai successo di poterla sperimentare e devo dire che è stata la riconferma che quello è il “mio” elemento. Questo mi ha dato l’idea e la forza di pensare ad un futuro di lavoro con l’orchestra che, per me, è un elemento che mi appassiona e mi incuriosisce tanto! Mi fa venire voglia di studiare quindi sicuramente lavorerò su questo piano.”

Guardando al futuro ma degli altri, ed in particolare di tutti quei ragazzi che si approcciano alla musica mettendo su gruppi e, spesso, incidendo brani: hai dei suggerimenti o dei consigli da fornirgli?

“Soltanto di credere alla cultura del lavoro. Di ragazzi ne incontro tanti e, fortunatamente, molti non sono caduti nel tranello del risultato “cotto e mangiato”, del “tutto e subito” che si propone oggi, soprattutto nella musica. Se la cultura del lavoro si associa ad un talento sincero, la strada è tracciata. Più che un suggerimento lascerei una rassicurazione, una conferma, perché sono convinto che quando c’è l’arte e la musica è nella vita di un ragazzo, anche i momenti di scoramento e delusione non saranno mai sufficienti a fare in modo che, quella strada, non venga intrapresa. La musica viene a prendere chi ce l’ha nel destino, viene a prenderla per i capelli… se si hanno i capelli o se ne hanno pochi! (ride)”

Per i tuoi piani futuri mi dicevi che continui a scrivere, vorresti comporre per l’orchestra ed anche per il cinema… Quindi cosa possono aspettarsi i tuoi ascoltatori?

“Diciamo che qualunque sarà la strada, non tradirò la loro fiducia nel fare qualunque cosa con onore e con onestà!”

Una domanda…simpatica! Dato che il tuo cognome è facilmente associabile a quello di un noto chef, soprattutto della televisione italiana, la tua relazione con la cucina ha la stessa armonia che si respira nei tuoi brani oppure Joe Barbieri non può avvicinarsi alla cucina?

“(Ride) No, no! Guarda ho scritto una canzone qualche anno fa che si chiama Zenzero e Cannella che, in realtà, parla proprio latentemente di cucina perché per me quella famosa frase “hai mangiato” è veramente la frase d’amore più bella che si possa sentire! 

A margine di questa nostra chiacchierata volevo solo ricordare che il 30 giugno ricominciamo a suonare dal vivo! C’è un concerto speciale che è a Benevento che per me è uno dei luoghi dell’anima (perché mia moglie è beneventana) in un posto magnifico che è il teatro romano dove inviterò un po’ di amici come Fabrizio Bosso, Nick The Nightfly e qualcun altro: verranno a fare musica e ripercorreremo insieme un po’ della nostra storia comune!”

Roberta Matticola 10/06/2023

Streaming Wars: come le piattaforme digitali hanno cambiato l'intrattenimento

Le piattaforme di streaming video hanno radicalmente trasformato l'ecosistema dell'intrattenimento, catalizzando un cambiamento profondo nel modo in cui film, serie TV, e musica vengono consumati a livello globale. La transizione da una visione programmata e lineare a un accesso on-demand, personalizzato e ubiquo, ha riscritto le regole del gioco per produttori, distributori e consumatori. In questo contesto dinamico, piattaforme come Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, Apple TV+, Spotify, e Apple Music hanno guidato l'avanzata, mentre player locali come Rai Play e Mediaset Infinity hanno rafforzato l'offerta di contenuti streaming in Italia, integrando prodotti internazionali con produzioni nazionali di rilievo.
Tutto è iniziato con la diffusione della banda larga ha permesso la nascita dei primi servizi di streaming video e audio. Netflix, inizialmente una società di noleggio DVD per posta, ha saputo anticipare il futuro dell'intrattenimento digitale, trasformandosi in una piattaforma di streaming che sarebbe diventata sinonimo di rivoluzione digitale. L'arrivo sul mercato di Amazon Prime Video ha ampliato ulteriormente le opzioni disponibili al pubblico, seguito da un'ondata di nuovi ingressi come Disney+, che ha messo a disposizione un vasto catalogo di classici, insieme a produzioni esclusive.
Parallelamente, nel panorama italiano, Rai Play e Mediaset Infinity hanno sfruttato la familiarità con il pubblico nazionale, offrendo un mix unico di accesso gratuito a contenuti live e on-demand, serie TV, film e programmi iconici della televisione italiana, accanto a novità internazionali. Questo approccio ibrido ha non solo democratizzato ulteriormente l'accesso ai contenuti ma ha anche fornito una piattaforma per la valorizzazione delle produzioni locali nell'era digitale.
La crescente competitività tra le piattaforme ha innescato una corsa all'acquisizione di contenuti originali e esclusivi, aumentando la qualità e la diversità dell'offerta disponibile. Questo ha portato a una vera e propria esplosione creativa, con serie e film che hanno ridefinito i generi e catturato l'immaginario collettivo a livello globale. Tuttavia, ha anche portato a una crescente frammentazione del mercato, con gli utenti costretti a navigare tra molteplici abbonamenti per accedere ai loro contenuti preferiti.Uno dei cambiamenti più significativi introdotti dalle piattaforme di streaming è la personalizzazione dell'esperienza di visione. Algoritmi sofisticati analizzano le preferenze degli utenti per suggerire nuovi contenuti, creando un ciclo virtuoso di scoperta e intrattenimento che tiene incollati allo schermo. Inoltre, la possibilità di guardare intere stagioni di serie TV in una sola volta, il cosiddetto binge-watching, ha modificato il ritmo di consumo dei media, incentivando la produzione di contenuti sempre più avvincenti e di qualità.
L'esplosione dell'offerta streaming ha anche portato a una frammentazione del mercato. Gli spettatori si trovano spesso a dover sottoscrivere multiple iscrizioni per accedere ai loro contenuti preferiti, distribuiti esclusivamente su piattaforme diverse. Questo fenomeno ha sollevato questioni riguardanti l'accessibilità economica e la sovrabbondanza di scelte, potenzialmente sovraccaricando gli utenti.
Le "guerre dello streaming" hanno anche influenzato il panorama produttivo. La competizione per i contenuti originali e esclusivi ha spinto le piattaforme a investire miliardi nella produzione di film e serie TV di alta qualità, attrarre talenti di primo piano e acquisire diritti esclusivi per eventi sportivi e spettacoli dal vivo. Questo ha indubbiamente arricchito l'offerta culturale disponibile online ma ha anche intensificato la battaglia per la supremazia nel settore, con una corsa alla scalata che non mostra segni di rallentamento.
Guardando al futuro, è chiaro che la competizioni tra le varie piatrtaforme continuerà a plasmare l'industria dell'intrattenimento. L'introduzione di nuove tecnologie, come la realtà aumentata e virtuale, potrebbe aprire ulteriori frontiere per l'immersione e l'interattività, sfidando ulteriormente i confini tra spettatore e contenuto. In questo contesto dinamico, la capacità di adattarsi rapidamente alle nuove tendenze e alle esigenze del pubblico sarà cruciale per il successo delle piattaforme di streaming.
Le "streming wars" hanno indubbiamente trasformato il panorama dell'intrattenimento, favorendo l'accesso ai contenuti e incentivando la produzione di opere originali e di qualità. Tuttavia, le sfide legate alla sovrabbondanza di offerte e alla frammentazione del mercato rimangono aperte. Come si evolverà questa battaglia digitale è ancora da vedere, ma una cosa è certa: l'era dello streaming ha appena iniziato a rivelare il suo potenziale.

Davide Antonio Bellalba  07/06/2023

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