La Vertigo Dance Company arriva sul palco del Teatro Argentina, dal 26 febbraio a 2 marzo, con un dittico di spettacoli, Mana riallestimento di una coreografia storica di Noa Wertheim, il cui debutto risale al 2009, e Makom, l’ultima creazione coreografica sulla complessità dell’esperienza umana.
Fondata a Gerusalemme nel 1992 da Noa Wertheim e Adi Sha’al (già danzatore della Batsheva e compagno di vita di Noa), Vertigo Dance è una importante compagnia d’autore capace di coniugare una danza vibrante, energica, sinfonica, a temi impegnati dai risvolti sociali, per accompagnare il pubblico di ogni età e cultura alla scoperta dell’uomo e delle sue “manifestazioni” interiori ed esteriori.
L’affaccio nell’universo coreografico dei Vertigo Dance inizia il 26 e 27 febbraio con Mana, creazione che pone al centro della scena la sagoma di una casa a simboleggiare il confine che separa il dentro e il fuori, il pubblico e il privato; mirando ad analizzare l’individuo nella sua quotidianità, nelle emozioni contrastanti lo accompagnano. In molte lingue della Melanesia e della Polinesia “mana” significa “forza sovrannaturale”. Fonte di ispirazione della coreografia è lo Zohar, o Libro dello Splendore, il principale scritto della tradizione cabalistica medievale che racconta la sublime bellezza delle caratteristiche metafisiche del creato. A partire da questa fascinazione, Noa Wertheim si chiede cosa sia venuto prima, se il buio o la luce, e propone Mana come un viaggio filosofico e mistico tra questi due spazi opposti, dove il movimento stesso cerca di decodificare questa e molte altre dicotomie fisiche: linea e cerchio, maschile e femminile, interno ed esterno, libertà e prigionia.
Si prosegue 1 e 2 marzo con Makom, nuova creazione di Noa Wertheim che debutta in prima italiana al Teatro Argentina, una coreografia affascinante che si caratterizza per una narrazione fortemente emotiva. Makom in ebraico significa “luogo”, ma indica anche un rifugio spirituale, infatti, il lavoro della Wertheim invita il pubblico in un viaggio profondo alla ricerca dell’unità in mezzo al caos e del conforto dentro di sé. “Questo pezzo – spiega Noa Wertheim – è una continua ricerca di un ritorno al luogo che si avvicina a noi stessi. Esplora la tensione tra il centro e le estremità, e tra forma e contenuto, rispecchiando le complessità dell’esperienza umana”. L’idea coreografica parte dalla ricerca perpetua del ripristino dell’equilibrio. Forma e contenuto sono le nozioni principali: forma sta per il corpo umano, la struttura esterna; il contenuto è l’essenza interiore, la nostra anima. La coreografia delinea delle polarità, tra un dentro e un fuori, tra destra e sinistra, tra costruzione e distruzione. Soltanto verso la fine si cerca un’unificazione degli estremi, simboleggiata anche dalla scenografia: bastoni di legno sono messi insieme per formare un ponte. Il ponte consente la relazione e la comunicazione e permette un incontro al centro, un ritorno appunto a Makom. I ballerini indosseranno costumi dai colori neutri, l’illuminazione sarà minimale, la musica scritta da Ran Bagno sarà dal vivo vedrà e vedrà impegnati Hila Epstein (violoncello) e Galia Hai (violino).