Una moglie abbandonata, un lutto interiore da attraversare e vivere fino in fondo, un corpo oppresso da distruggere, per ricostruirlo più resistente. Gaia Saitta porta in scena, in prima nazionale al Teatro Studio Melato, dal 28 febbraio al 2 marzo, il romanzo di Elena Ferrante, storia di una donna capace di rinascere, finalmente libera, scandalosa e potente.
Italia, fine anni ’90. La quarantenne Olga vive un’esistenza borghese: è moglie devota e madre amorevole di un ragazzo e di una bambina. Per seguire il marito ingegnere, nel romanzo di Ferrante si trasferisce da Napoli a Torino; nell’edizione teatrale di Gaia Saitta, ci si sposta ancora più a Nord, a Bruxelles.
All’improvviso, l’uomo al quale si è sempre dedicata l’abbandona per una ragazza che ha la metà dei suoi anni. Olga sprofonda in uno stato di rabbia feroce, diventa volgare, violenta, grottesca, non si occupa più né dei figli, né del cane, né di se stessa. Intime paure si riaffacciano alla sua mente, portandola sull’orlo del baratro, fino a quando la luce si riaccende: con una nuova consapevolezza di sé, Olga è pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua vita.
«La prima volta che ho letto il romanzo di Elena Ferrante mi è mancato il respiro – spiega Gaia Saitta, classe 1978, formatasi in Italia e da anni attiva in Belgio, dove è artista associata al Théâtre National Wallonie-Bruxelles –. L’Italia che racconta è quella di mia madre, dove pareva esistere un unico modello di vita. Ferrante ci mostra un’altra donna possibile, scandalosa e potente, che mi riguarda e mi scuote da dentro, che mi dà il desiderio e la forza di diventare la persona che sono. È la storia che voglio raccontare.»